In questi giorni, dopo la conferenza stampa “UniTo: politiche e cultura per un’Università inclusiva“, sono stato intervistato da un giornalista del Corriere della Sera, Paolo Coccorese, che ringrazio.
Si è deciso di dare visibilità alla mia storia personale per parlare di accessibilità, in particolare il focus è quello del materiale didattico contenente formule matematiche e naturalmente si è parlato di “Laboratorio Polin“.
Non nascondo l’enorme piacere per questa opportunità di sensibilizzazione sull’argomento, che mi vede coinvolto in prima persona come studente e come collaboratore del laboratorio.
Per me questo è sempre stato un tema caldo e centrale, per permettere a tutti l’accesso alla formazione universitaria, dando così, anche alle persone con disabilità visiva, un’opportunità in più per realizzarsi, formarsi e crescere professionalmente.
Ci tengo però a mettere in risalto il fatto che il laboratorio è composto da tante persone, docenti, studenti, sperimentatori, ricercatori, borsisti e volontari, indispensabili e preziosi, senza i quali non avremmo potuto raggiungere i risultati di oggi.
Sono personalmente grato a queste persone, per tutto ciò che fanno e per la passione che mi trasmettono.
Il laboratorio è un luogo in cui ci si sente davvero inclusi e importanti.
Ecco infine, l’articolo “Lo studente cieco che rende la matematica accessibile” in cui si parla di noi.
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Lorenza Castagneri da voce alla mia storia in un suo articolo sul Corriere della Sera. A proposito di semafori sonori e autonomia in città.
Ringrazio la giornalista Lorenza Castagneri per avere dato voce alla mia storia, di cui ho scritto recentemente in questo blog. Lo scopo è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sulla tematica dell’accessibilità urbana e del modo in cui si spostano in città le persone diversamente abili.
Chi è Alessandro Albano, 39 anni, è cieco da 10 a causa di una malattia degenerativa della retina: la retinite pigmentosa. Vive a Mirafiori Nord e lavora come programmator e a San Donato. Scusi ma lei davvero spende 40 euro ogni giorno per andare a lavorare? «Se devo prendere il taxi andata e ritorno, sì. Se facessi sempre così mi ci vorrebbero 800 euro al mese. Per fortuna, negli anni, mi sono costruito una rete di amici e conoscenti che mi accompagnano. Ma ovviamente gli do una mancia. Oggi spendo circa 20 euro al giorno. A volte vado in macchina con mia moglie. Ma in una famiglia, è difficile riuscire a fare combaciare gli orari dei vari componenti: sono casi rari. Vivo ogni giorno nell’incertezza», risponde Alessandro Albano. Questa è la sua vita quotidiana da impiegato non vedente. Programmatore, vive a Mirafiori Nord e lavora a San Donato, ma il problema non è tanto dover attraversare la città. C’è il bus 71 che passa davanti a casa sua. «Vivo a due passi da via Guido Reni, nelle vicinanze dell’anagrafe, e lì ci sono due semafori sonori. Sarebbe comodissimo usare il bus. Il fatto è che nella zona del mio ufficio, nel complesso Piero della Francesca, i semafori sonori invece non esistono. Questo nonostante ci siano più strade che si intersecano, l’ospedale Amedeo di Savoia, l’Università, il Santo Volto. Lo stesso accade davanti all’ospedale Maria Vittoria dove dovrei scendere dal 71 e salire sul tram 9. Per meusare i mezzi pubblici per andare a lavorare è impossibile. Ho dovuto organizzarmi». Ma da cittadino Albano si chiede come il Comune ha intenzione di aiutare lui e gli altri che potrebbero trovarsi nella sua situazione. «Anche perché a Torino è praticamente impossibile accedere ad eventuali buoni taxi. Io sono in graduatoria, ma non sono mai riuscito a beneficiare del contributo perché i fondi sono limitati. Comunque sarebbe un supporto minimo. Lo esaurirei in quattro giorni di lavoro». Albano ha raccontato la sua storia anche a Marco Bongi, il presidente dell’Apri, l’associazione Pro retinopatici e ipovedenti. Però adattare un impianto semaforico ai non vedenti può costare anche diecimila euro. E così, a Torino, il quadro è desolante: solo il 13,7 per cento dei semafori è “sonorizzato” anche se la quota è in leggero miglioramento. Nel 2018 sono stati adattati sette attraversamenti, due saranno completati a breve e nei prossimi mesi verranno sistemati tutti gli impianti di via Nizza da corso Vittorio a piazza Carducci. La Città prova a fare il possibile. Il resto, almeno al momento, sembra lo debbano fare i cittadini e anche a proprie spese. «Due anni fa, prima di iniziare nella mia attuale azienda, avevo provato il percorso. Sapevo che c’erano difficoltà. Ma non avrei mai rinunciato al lavoro dei miei sogni».